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Basilica. Adesso la piazzetta, i portoni, le bettole mi spaventavano meno. Porta Palazzo si chiamava piazza della Repubblica. Per le viuzze vuote, nei cortili, vidi bambine che giocavano. Verso sera si mise a piovigginare, una pioggia fresca che sapeva d’erba, e arrivai fino in piazza Statuto, sotto i portici. Entrai in quel cinema.

Madame arrivò di notte in automobile, col marito e tutti quanti. Fanno sempre cosí. Mi svegliarono al telefono, io credevo fosse Morelli, buttarono in aria l’albergo, mi toccò rivestirmi e prendere con loro il caffè, sentire la storia di un temporale sugli Appennini. Tornai a letto ch’era l’alba; ero contenta perché ormai non toccava piú a me comandare.

Stando cosí nello stesso albergo, a distanza di un piano, non ebbi piú un momento di pace. A tavola, in via Po, in automobile, ero sempre con qualcuno. L’arredamento non dispiacque a Madame; trovò da dire sulla scala che non aveva le guide, e a un certo punto parlò di trasportare il negozio in via Roma. Poi partí per Parigi con due disegnatori e lasciò detto a me e al marito di preparare l’apertura per Pasqua. Passai le giornate telefonando e vedendo indossatrici, studiando programmi, facendo da segretaria e da padrona di casa. Rispuntò Morelli, spuntarono certe signore che chiedevano sconti, favori, impieghi per figliocce e conoscenze. A una serata nell’albergo rividi Momina e Mariella.

Poi Madame ritornò da Parigi, con qualche modello e con Febo. Quest’accidenti c’era andato di sua testa e l’aveva incantata, l’aveva convinta a metter su una compagnia di riviste per presentare i modelli. Cominciarono a vedersi in albergo e in via Po musicisti e impresari; non mi pareva piú Torino; fortuna che bastava cominciare una cosa perché l’indomani si pensasse già ad altro, e allora smisi di occuparmene e passavo le giornate in atelier.

Un giorno dissi: — Chi sa Rosetta — e telefonai a Momina. Vengo da te, — mi rispose, — non so cosa dirmi. Quella stupida si è uccisa un’altra volta.

Aspettai col cuore in gola la macchina verde. Quando la vidi al marciapiede, uscii dal negozio e Momina sbattè lo sportello, traversò il portico, mi disse: — Che fretta.

Era elegante, aveva un basco con la piuma. Salí con me in un salottino.

— È successo che manca da casa da ieri. L’ho cercata mezz’ora fa al telefono e la cameriera mi ha detto che è in gita con me.


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