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varci, fare il confronto, dare un punteggio. Allora cominciò una discussione su chi di noi sarebbe stata la miglior prostituta; per doti d’animo e di corpo, disse il gobbetto. Venne discussa anche Mariella, che finí per infervorarsi e pigliare sul serio il punteggio. Quasi quasi litigò con Momina. Ma il vecchio pittore disse che tutte eravamo meritorie, ch’era questione di momento e di gusti, e il criterio doveva essere un altro, la tariffa, il locale dove avremmo potuto lavorare.

Qualcuno cercò di nominare tabarini e palcoscenici. — No no, — disse il gobbo, — qui si parla di vere marchette — . Andarono avanti per un pezzo. Alla fine erano rossi in faccia piú i ragazzi che Mariella. A Rosetta non trovarono un posto. — Crocerossina, — conclusero. — Ingenua per combattenti.

Ma non si fermarono qui. — Ci avete messi sul gusto, — cominciavano a dire. Adesso sulle spine ci stava Fefé. Già qualcuno era andato fin sulla porta e gettavano occhiate sceme da noi alla strada. Si alzò Momina e andò anche lei sulla porta. Li sentii ridere e rimbeccarsi. — Ecco ecco, — dicevano. — Entra un vecchietto. Entra una comitiva.

— Rosetta, — le chiesi freddamente, — lei si diverte proprio tanto?

Rosetta aveva gli occhi piú che mai infossati, e mi guardò con un sorriso vago. La Nene che si dibatteva a zampate col vicino, l’urtò. Rosetta ripiantò i gomiti sul tavolo e disse: — Domani è un’altra giornata, non le pare?

Tornò Momina dalla porta. — Quei fessi, — diceva, — quegli idioti. Ci sono andati.

Erano andati Loris, il gobbo e un altro. Lo dissero alla Nene. La Nene alzò le spalle, vuotò il bicchiere e tirò fuori una matita. Scrisse «porco» sul tavolino. Ci guardò sfacciata, supplichevole, sbronza.

Stavolta al gabinetto l’accompagnò Mariella, e al pittore che sorrideva bonario e a Fefé io dissi che pagassero il conto. Poi con Momina e Rosetta salimmo sulla macchina e ce ne andammo. Scesi quasi subito, a Porta Nuova.


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