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Parlava convinta. Non era nemmeno irritata.

— La differenza è tutta qui, — disse, — i bambini non sporcano che se stessi.

— Le donne non sporcano? — dissi.

Mi guardò franca, con quegli occhi ossuti. — So quel che pensa, — balbettò, — non dico questo. Non sono una lesbica. Sono stata ragazza, ecco tutto. Ma l’amore, tutto quanto, è una cosa sudicia.

Allora dissi: — Momina mi ha raccontato di voi due. Di quel giorno al mare che lei Rosetta ha aperto una porta e l’ha trovata in compagnia. È questo che l’ha disgustata, vero?

— Momina, — disse Rosetta arrossendo, — fa molte pazzie. A volte ci ride, ma è d’accordo con me. Dice che non c’è acqua che possa lavare i corpi della gente. È la vita che è sporca. Dice che tutto è sbagliato...

Stavo per chiederle perché dunque viveva, mi trattenni appena. Le dissi che ai tempi ch’ero stata innamorata, per quanto capissi benissimo — queste cose si sanno — ch’eravamo due matti, che il mio uomo era un incapace, che se ne stava in casa a dormire mentr’io correvo per Roma, malgrado tutto questo, non s’impara a bastar da soli se non si è fatta l’esperienza in due. Non c’era niente di sporco, soltanto un’incoscienza — da bestie, se voleva, ma anche da gente inesperta che soltanto cosí possono capire chi sono.

— Sporco può essere tutto, è questione d’intenderci, — dissi, — ma allora anche sognare di notte, anche andare in automobile... Ieri la Nene vomitava.

Rosetta ascoltò con un mezzo sorriso, piú della bocca che degli occhi. Era il sorriso di Momina, quando giudicava qualcuno.

— E passato l’amore, — mi disse tranquilla, come se tutto fosse a posto, — capíto chi siete, che se ne fa di queste cose che ha imparato?

— La vita è lunga, — dissi. — Il mondo non l’hanno fatto gli innamorati. Ogni mattino è un altro giorno.

— Questo lo dice anche Momina. Ma è triste che sia cosí — . Mi guardò come guarda un cane. Non c’eravamo nemmeno fermate a certe vetrine che volevo vedere. Eravamo davanti all’albergo.

— Dunque venga alla festa di Loris, — mi disse. — Mariella vorrà portarci anche me.

Andò che, telefonandomi Momina, le dissi che Mariella aveva ragione: lei con Rosetta esagerava. Ma al telefono non si dovreb-


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