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— Non mi dirà, come qualcuno che conosco, che è bello nascere in un cortile...

Le dissi che il bello è pensare al cortile, facendo il confronto.

— Lo sapevo, — disse lei ridendo, — vivere è una cosa tanto sciocca che ci si attacca persino alla sciocchezza di esser nati...

Sapeva parlare, non c’era questione. Girai gli occhi sulle dorature, sulle specchiere, sulle stampe appese ai muri. — Questo caffè, — disse Momina, — l’ha messo in piedi un uomo come lei, volitivo...

Era riuscita a farmi sorridere. «Sei in gamba perché sei stata a Parigi, — pensavo, — o sei stata a Parigi perché sei in gamba?» Ma lei mi disse brusca:

— Si è divertita al veglione l’altra sera?

— Era un veglione? — mormorai delusa. — Non me ne sono accorta.

— Dicono che è carnevale, — fece Momina a bassa voce, ridendo, — queste cose succedono.

— E la bella Mariella, — dissi, — perché non va a questi balli?

— Le ha già detto anche questo? — sorrise Momina. — Ma allora siete proprio amiche.

— Non mi ha ancora chiesto di rivoltarle l’abito...

— Lo farà, lo farà, — disse Momina. — A Torino siamo tutte cosí...


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