Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/283



Quando imboccai la larga strada e vidi in fondo la collina pezzata di neve e la chiesa della Gran Madre, mi ricordai ch’era carnevale. Anche qui, bancarelle di torrone, di trombette, di maschere e stelle filanti riempivano le arcate dei portici. Era fresco mattino ma già la gente formicolava verso la piazza in fondo, dove ci sono i baracconi.

La via era ancora piú larga di come la ricordavo. La guerra aveva aperto una buca paurosa, sventrando tre o quattro palazzi. Sembrava un piazzale, un avvallamento di terra e di pietre, dove cresceva qualche ciuffo d’erba, e si pensava al camposanto. Il nostro negozio era qui, sull’orlo del vuoto, bianco di calce e senza infissi, in costruzione.

Ci trovai due decoratori, seduti per terra, col bianco berrettino di carta. Uno scioglieva della biacca in un bidone; l’altro si lavava le mani in una vaschetta di fortuna, sporca di calce. Mi guardarono entrare senza scomporsi. Il secondo aveva la sigaretta infilata sull’orecchio.

— Il geometra, — dissero, — non viene a quest’ora.

— Quando viene?

— Prima di sera non viene. Ha un lavoro alla Madonna di Campagna.

Chiesi se loro erano tutta la squadra. Mi guardarono i fianchi con qualche interesse, senza levare troppo gli occhi.

Battei il piede. — Di voialtri chi è il capo?

— Era qui, — disse il primo. — Sarà in piazza — . Tornò a guardare nel bidone. — Va’ a chiamarle Becuccio.

Becuccio arrivò, un giovanotto in maglione, coi calzoni militari. Capí subito il gioco, era sveglio. Gridò a quei due di finire il pavimento. Mi portò in giro per le sale, mi spiegò il lavoro fatto. Mi disse che avevano perso del tempo perché da giorni aspettavano gli elettricisti, era inutile finire i palchetti se non si sapeva dove passavano i fili. Il geometra li voleva coperti; l’Azienda consigliava di no. Mentre parlava, io lo guardavo: era spesso, ricciuto, mostrava i denti sorridendo. Portava al polso un bracciale di cuoio.

— Dove si può telefonare al geometra?

— Faccio io, — disse subito.

Ero in soprabito, non in pelliccia. Traversammo via Po. Mi portò in un caffè dove la cassiera lo accolse con un evidente sorriso. Quando al telefono risposero, diede a me il ricevitore. La voce


279