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la piaga nel costato. — Che l’imputato si denudi, — dichiarò. — Che ci mostri la piaga.

Si sentí ancora qualche risatina, poi tutti tacquero e non risero piú. La magra, ch’era fuori dal crocchio, ansimava: — Che c’è? cosa fanno? — Io non osai guardare Poli; mi bastò l’altra faccia scarlatta.

Qualcuno mise un disco; le coppie si formarono subito. Mi trovai a bere con Dodo, che si voltava intorno cercando. — Non c’è, — gli dissi, — torna subito — . Alzò il bicchiere con un mezzo ammicco. Gli feci un cenno serio serio. C’eravamo capiti.

Ero molto ubriaco. Il baccano e il ronzio cominciavano ad annebbiarmi la sala. In fondo, vidi Poli seduto. Qualcuno gli parlava — c’era anche Pieretto — e lui sembrava tranquillo, un po’ svanito. Era pallido, ma tutto ormai sembrava pallido.

Entrarono Gabriella e Oreste.


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