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Andarono a sedersi sugli scalini, e noi dietro. C’erano piú stelle che voci di grilli. Discorremmo di stelle e di stagioni. — L’ultima stella del mattino compare laggiú, — disse Oreste. Andarono, lui e Gabriella, fra i tronchi; passeggiarono accostati, a guancia a guancia; li sentivamo frusciare. Era strano pensare che Poli fosse seduto in mezzo a noi. Per un attimo mi parve che l’unico sano fosse lui: tutti noialtri tacevamo, ansiosi. E Poli ci disse: — Pare la notte che si guardava Torino.

— Manca qualcosa, — borbottai.

— Manca la voce.

Allora Pieretto — sentii che ansimò — cacciò quell’urlo, squarciandolo a modo suo e sghignazzando. Seguí un trepestio nella casa, cigolarono porte, e lontano la voce già fioca di Oreste rispose.

— Speriamo che Gabriella non prenda freddo, — disse Poli.

— Non bevete qualcosa? — disse Pieretto.


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