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— Maledetto becchino, — disse Pieretto. — Quando si è morti non si hanno piú voglie.

Continuarono a tavola e dopo. Pieretto disse che ammetteva i santi, che anzi non c’erano che santi, perché ciascuno nella sua voglia è come un santo, e se solo lo lasciassero fare darebbe dei frutti. Invece i preti si sono attaccati a qualche santo piú famoso e dicono «Si fa come lui. Basta lui per salvarci» e non tengono conto che al mondo non ci sono due gocce d’acqua uguali e che ogni giorno è un altro giorno.

Ormai la Giustina taceva lanciandogli occhiate. Alle quattro eravamo seduti sul terrazzo prendendo il caffè, e dal mare ardente della campagna salivano voci spente, fruscii, guizzi di vento. Dall’ombra dov’eravamo si vedevano i versanti delle valli, grandi fianchi come di mucche accovacciate. Ciascuna collina era un mondo, fatto di luoghi successivi, chine e piane, seminati di vigne, di campi, di selve. C’erano case, ciuffi di bosco, orizzonti. Dopo tanto guardare si scopriva ancor sempre qualcosa — un albero insolito, un giro di sentiero, un’aia, un colore non visto. Il sole, da ponente, dava risalto a ogni minuzia, e anche lo strano corridoio marino, la nube vaga del Greppo, era piú tentante del solito. Dovevamo andarci l’indomani, sul biroccio, e per far notte ogni discorso era buono.


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