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mento la curva della strada, disse calmo: — Chi ti dice che non voglio far cosí... Dammi tempo.
— Che gente siete... — osservai. — Avete padri che vi vogliono uno frate e l’altro agronomo. Non volete saperne, li fate dannare; e finirete, tu Pieretto, ateo ma frate, e tu Oreste, medico condotto in campagna.
Pieretto sorrise compiaciuto. — Un padre va sempre aiutato, — disse. — Bisogna insegnargli che la vita è difficile. Se poi, com’è giusto, tu arrivi dove lui voleva, devi convincerlo che aveva torto e che l’hai fatto per suo bene.
— Davvero, — chiesi a Oreste, — sposerai la ragazza?
— Non parla, non parla, — disse Pieretto. — Ha la scusa che siamo ubriachi.
Era bella la luna, tra bianca e gialla nella sera, e cominciavo a pensare al suo raggio notturno sull’immenso paese, sulla terra, sulle siepi. Mi ricordai del versante del Greppo ma lo vidi sparire alle nostre spalle nell’aria pura. «Eran quelle le Coste?» stavo per dire, ma proprio allora Oreste parlò.
— Si chiama Giacinta, — disse senza guardarci. Poi, gridando e agitando la frusta: — Dio buono, quest’anno ammattisco.
La notte prima, lui e Pieretto non potevano dormire e s’eran messi a riandare la vita di spiaggia. Oreste aveva raccontato che le basse colline, tra cui adesso si correva, gli erano parse fin da bimbo un orizzonte marino — un misterioso mare di isole e lontananze dove dall’alto del terrazzo lui si tuffava in fantasia. — Tanta voglia avevo allora di andare, di prendere il treno, di vedere e di fare. Adesso sto bene qui. Non so nemmeno se il mare mi piace.
— Però ci stavi come un grillo, — disse Pieretto.
Arrivammo che cantavamo e, dopo l’ultimo pezzo a piedi, intenzionati di ribere. Queste cose le donne le capiscono e ci misero un tavolino sul terrazzo e una bottiglia. — Ma sí, — disse la madre, — fate la cura della luna. La luna ne ha sentite già tante.
Non c’era vento, il paese dormiva, soltanto i cani abbaiavano chi sa dove. Fu la notte di Oreste, raccontò tutto di Giacinta. Quando la luna tramontò e cantò il gallo. Pieretto disse: — Porco cane. Hai messo voglia anche a me.
L’indomani era domenica. Come passano le settimane. Gironzammo un’altra volta in piazza, tra gli uomini buffi e le ragazze velate che facevano pensare al gran sole e al pantano. Prendemmo
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