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Poi ci chiedemmo perché mai, mentre a Torino ci piaceva l’osteria, da quando eravamo in campagna non s’era piú presa una sbronza.
— Bisogna che usciamo di notte, — dissi, — non si può mica ubriacarci in casa tua.
— Dài dentro, — diceva Oreste, — adesso siamo a casa nostra.
Il discorso voltò sui cavalli. Al Rossotto c’era un biroccino, giusto per tre, e Oreste disse che bastava attaccarlo e partire sul presto.
— Andiamoci dai miei cugini di Mombello, — disse. — Ho voglia di vederli. Quelli sí sono in gamba. Si parte al mattino e si torna la sera.
— Cosí perdiamo il bagno, — brontolai, — stamattina ne ero sperso.
Pieretto muggí. — Chi se ne sbatte. Io sono stufo di vederti nudo.
— Sei tu che ci perdi, — dissi.
— Ma se sei brutto, — gridò. — Solamente ubriaco potrei ancora tollerare di vederti.
Oreste ci riempí il bicchiere.
— Ecco una cosa, — dissi a un tratto, — che non si può fare. Stare nudi in un bosco e riempirsi di vino.
— Perché no? — disse Oreste.
— Neanche far l’amore in un bosco, si può. In un bosco vero bosco. L’amore e il bere sono cose civili. Quand’ero in barca...
Pieretto interruppe. — Tu non hai mai capito niente.
— Quand’eri in barca... — disse Oreste.
— Avevo insieme una ragazza, e ci stava. Ci sarebbe stata. Ebbene, non ho potuto. Non ho potuto io. Mi pareva di offendere qualcosa o qualcuno.
— È che non sai cos’è una donna, — disse Pieretto.
— Ma nudo, — disse Oreste, — nel pantano ci stai?
Confessai che ci stavo, ma col fiato in gola. — Mi sembra di fare un peccato, — ammisi, — forse è bello per questo.
Oreste annuí sorridendo. Capii che eravamo ubriachi. — La prova, — dissi ancora, — è che sono cose che si fanno di nascosto.
Pieretto disse che si fanno di nascosto tante cose e non sono peccato. È questione di usanza e di buone maniere. Peccato è solamente non capire quel che si fa.
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