Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/183


pore per discendere i gradini. Ma la Giustina non stava piú in sé, e si voltò e mi disse dietro:

— Ecco, questo è ben fatto. Prima cosa, Dio. L’ha già veduto l’arciprete?

Balbettai ch’ero passato per semplice curiosità, senza intenzione.

— Cosa sento, — mi disse, — non c’è da vergognarsi. Ha fatto una cosa ben fatta. Niente rispetto umano. Mi ha troppo consolata...

La lasciammo sui gradini, e traversando la piazza Dina mi disse che la vecchia era sempre in canonica, a tutte le ore, e piantava i lavori di casa, un bucato, una pentola, una cottura, pur di non perdere un giro di funzioni. — Se tutte facessero come te, — le diceva la mamma, — dove andrebbe la casa?

— In Paradiso, — rispondeva la Giustina.

Altre cose avvennero quel giorno, altri incontri, e la sera mangiammo e bevemmo e girammo il paese sotto le stelle. Ci pensai l’indomani, disteso nudo nella pozza sotto il sole feroce, mentre Oreste e Pieretto sguazzavano come ragazzi. Nell’afa estuosa della buca vedevo il cielo scolorito dal riverbero, e sentivo la terra tremare e ronzare. Pensavo a quell’idea di Pieretto che la campagna arroventata sotto il sole d’agosto fa pensare alla morte. Non era sbagliato. Quel brivido di starcene nudi e saperlo, di nasconderci a tutti gli sguardi, e bagnarci, annerirci come tronchi, era qualcosa di sinistro: piú bestiale che umano. Scorgevo nell’alta parete dello spacco affiorare radici e filamenti come tentacoli neri: la vita interna, segreta della terra. Oreste e Pieretto, piú avvezzi di me, si voltolavano, saltavano, discorrevano. Presero in giro anche i miei fianchi ancora pallidi, infami.

Nessuno poteva sorprenderci là dentro, perché le melighe scosse fanno uno scroscio rumoroso. Eravamo sicuri. Oreste, disteso nell’acqua, diceva: — Prendete il sole dappertutto. Diventeremo come i tori.

Era strano pensare di laggiú al mondo in alto, alla gente, alla vita. La sera prima eravamo andati per il paese, al muricciolo della piazza, riscaldati dal vino e dal fresco, e avevamo salutato e riso, incontrato gente, sentito cantare. C’era un crocchio di giovani, che gridavano saluti a Oreste; c’era il parroco che passeggiava nell’ombra e ci teneva d’occhio. Parole e scherzi scambiati sotto le


179