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Le volte che sudavo sull’acqua, mi restava poi per tutto il giorno il sangue fresco, rinvigorito dall’urto col fiume. Era come se il sole e il peso vivo della corrente mi avessero intriso di una loro virtú, un forza cieca, gioiosa e sorniona, come quella di un tronco o di una bestia dei boschi. Anche Pieretto, quando veniva con me, si godeva la mattinata. Scendendo a Torino sul filo della corrente, gli occhi lavati dal sole e dai tuffi, asciugavamo distesi, e le rive, la collina, le ville, le chiazze d’alberi lontani, s’incidevano nell’aria.

— Uno che facesse tutti i giorni questa vita, — diceva Pieretto, — diventerebbe un animale.

— Basta guardare i sabbiatori...

— Quelli no, — disse lui, — quelli lavorano soltanto. Un animale di salute e di forza... E di egoismo, — aggiunse subito, — di quel dolce egoismo di chi ingrassa.

— Non è una colpa, — brontolai.

— Chi ti accusa? Nessuno ha colpa di esser nato. La colpa è degli altri, sempre degli altri. Noi si va in barca e si fuma la pipa.

— Non siamo abbastanza animali.

Pieretto rideva. — Chi sa cos’è un vero animale, — disse, — un pesce, un merlo, una lucertola... Magari uno scoiattolo... C’è chi dice che dentro a ogni bestia c’è un’anima... un’anima in pena. Questo sarebbe il purgatorio...

— Non c’è niente che sappia di morte, — continuò, — piú del sole d’estate, della gran luce, della natura esuberante. Tu fiuti l’aria e senti il bosco, e ti accorgi che piante e bestie se ne infischiano di te. Tutto vive e si macera in se stesso. La natura è la morte...

— Che cosa c’entra il purgatorio, — dissi.

— Non c’è altro modo di spiegarla, — disse lui. — O non è nulla o ci stanno le anime.

Era un vecchio discorso. Era ciò che m’irritava in Pieretto. Non sono fatto come Oreste che a quelle uscite scrollava le spalle e rideva. Ogni parola che sa di campagna mi tocca e mi scuote. Non riuscivo lí per lí a rispondergli, e tacevo e manovravo la pagaia.

Anche Pieretto si beveva con gli occhi l’acqua gocciolante. Era lui che l’anno prima aveva detto: — Ma che cosa ne fate del Po? Perché non ci andiamo? — e aveva rotto quella nostra timidezza, di me e di Oreste, che non facevamo una cosa soltanto perché non l’avevamo mai fatta. Pieretto era da pochi anni a Torino e aveva


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