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sempre un bel caso quello che c’era toccato. — Tu poi non credere, — disse. — Che cos’è che cerchiamo tutte le sere per le strade? Qualcosa che rompa e svari la giornata...

— Vorrei vedere se toccasse a te.

— Ma se tu pensi giorno e notte come uscire dalla gabbia. Perché credi che andiamo oltre Po? Soltanto che sbagli: le cose piú impreviste succedono in una stanza a Torino, in un caffè, sopra un tranvai...

— Non cerco le cose impreviste.

— Be’ — disse lui, — questo mondo è dei Poli. Convinciti.

L’indomani Poli fu ancora tra vita e morte, e gli trasfusero altro sangue e sudava nel lettino. A detta di Oreste, tra che suo padre lo vegliava e che adesso aveva smaltito la droga, sembrava un bambino impaurito che stesse per piangere. Il vecchio era andato subito nella notte da Rosalba; che cosa si fossero detto non si sapeva; ma Rosalba l’avevano chiusa in una casa di suore, e di omicidio non parlava piú nessuno. — Disgrazia, — diceva il primario parlando con gli assistenti. Erano queste le notizie che piacevano a Pieretto, e Oreste lo sapeva.

Povero Oreste, andò sul punto di perdere i suoi esami. Teneva i turni al capezzale di Poli come un infermiere. Parlò col vecchio commendatore e si fece conoscere. Disse che costui discorreva di campagna, delle Coste e dei raccolti, come chi se ne intende. Arrivava all’ospedale sulla macchina verde di Poli, guidandola. Era lui che al mattino mandava Oreste a dormire.

Finalmente venne la notizia che Poli se la cavava. Anche Pieretto andò a trovarlo. Disse: — È sempre lo stesso e legge Nino Salvaneschi — . Io non ci andai, risoluto. Ne parlammo ancora per qualche giorno, poi Oreste ci disse che l’avevano spedito al mare in vagone-letto.


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