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mai. Poli era cresciuto là dentro, d’estate in estate, con dieci balie e la carrozza e i cavalli, e soltanto quando s’era allungato i calzoni aveva potuto dir la sua e uscir fuori e conoscere qualcuno nei paesi. Per due o tre stagioni, al passaggio delle beccacce, era andato con gli altri a tirare. Era un bravo ragazzo e ragionava. Mancava solo di fermezza, questo sí. A metà di una cosa, cambiava idea.

— È la vita che fanno, — dissi. — Diventano come le donne.

— Però capisce, — disse Oreste, — hai sentito cosa dice dei suoi simili?

— Dice per dire. Era ubriaco.

Qui Oreste scosse la testa. Disse che Poli non era ubriaco. Un ubriaco è un’altra cosa. — Forse è ubriaco da tre giorni e ha fatto il porco. Adesso è peggio. A un ubriaco si vuol bene — . Oreste aveva di queste uscite inaspettate.

— Non ce l’aveva coi suoi simili. Ce l’aveva con chi ha fatto i soldi e non sa vivere, — dissi. — Tu sei suo amico. Dovresti conoscerlo.

— Sai com’è, — disse Oreste. — Andare a caccia è come andare insieme a scuola. Mio padre ci teneva.

Finí il suo bicchiere e ce ne andammo. Costeggiando l’isolato, nel sole, accennai che a Poli Pieretto ne aveva dette di tutti i colori. — Pieretto ha quel modo di ridere che sembra che sputi in faccia. Lui non fa caso ma la gente si offende.

— Chi sa, — disse Oreste. — Non ho mai visto Poli offendersi.

La sera non vennero né Pieretto né Oreste. Io, quell’anno, quando restavo solo passavo brutti quarti d’ora. Rientrare in casa per studiare non aveva nessun senso; ero troppo avvezzo a viver e discorrere con Pieretto e girare le strade; c’era nell’aria, nel movimento, nel buio stesso dei viali piú cose che non potessi capire e godermi. Ero sempre sul punto di accostare una ragazza o ficcarmi in una bettola equivoca, oppure decidere di mettermi su un viale e andare andare fino a giorno, per ritrovarmi chi sa dove. Invece giravo le solite strade, passavo e ripassavo i crocicchi e le insegne, rivedevo le facce. A volte mi piantavo irresoluto su un angolo e ci stavo delle mezz’ore, infuriato con me stesso.

Ma quella sera mi andò meglio. L’incontro recente con Poli mi aveva tolto molti scrupoli e mi diceva che nel mondo, di giorno e di notte, c’erano privilegiati piú assurdi di me, gente oziosa che godeva piú di me. Perché questo mi avevano inculcato, senza sa-


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