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con Fonso, — gli dissi, — ti avrebbero fucilato da un pezzo. Sei come Giulia, — dissi piano, — non sai tener la bocca chiusa.

Mi guardava perplesso e quieto. — Voglio andare da Fonso, disse. — Non voglio piú tornare a casa dalla vecchia.

Me l’aspettavo, e lasciai che parlasse. Lui sapeva un cortile a Torino dove facevano recapito le staffette di Fonso. I portinai lo conoscevano. Era stufo di donne. Voleva trovarsi in montagna, restare con gli altri.

— È difficile, — dissi. — Se ti volessero ti avrebbero chiamato. Chi sa dove sono adesso i reparti. I tedeschi rastrellano dappertutto.

Poi gli dissi che doveva ubbidire alla mamma e restare con me. — Non sai tenere la bocca chiusa. Se ci ricaschi ti rimando dalla vecchia.

In quei giorni si leggevano notizie di scontri sulle montagne, di concentramenti tedeschi, di un’offensiva risoluta a sterminare i patrioti. Era comparso un manifesto di una grossa mano di ferro che stritolava banditi e sotto scritto «Cosí muore chi tradisce». Anche i fascisti inferocivano. Da Torino, da tutto il Piemonte, quasi ogni giorno si parlava di condanne, di sevizie mai viste. «Se Nando è ancora vivo, — dicevo — è un miracolo».

Passeggiavo la sera con padre Felice in un gran corridoio dove per mezz’ora i ragazzi vociavano prima del silenzio. Qualcuno degli assistenti c’incontrava alle svolte, diceva la sua. Un loro scherzo era di chiedergli improvviso: — Padre Felice, a noialtri può dirlo. Chi è suo figlio di questi ragazzi?

— Dovresti esser tu, — rispondeva. — Ti avrei già messo a pane e acqua.

Dino strillava in mezzo agli altri e qualche volta le buscava. — Quel ragazzo, — disse padre Felice, — lo vede? È un vero figlio della lupa, uno dei frutti della guerra. Padre e madre in prigione, lui sopra una strada. Chi ne ha colpa?

— Ne abbiamo colpa tutti quanti, — dissi, — abbiamo tutti detto evviva.

Padre Felice stringeva il breviario sotto il gomito. Si riscosse, crollando le spalle. — Comunque sia andata, — disse, — tocca a noialtri rimediare. Non è il solo.

Poi apriva il breviario, sbirciando i ragazzi. Del breviario avevamo parlato un mattino. Gli avevo chiesto di lasciarmelo sfo-


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