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chio, con una smorfia di disgusto, e muoveva le labbra. Non si capiva se pregava o contava le botte. Io lo invidiavo perché mi accorgevo che non faceva differenza tra quel pericolo mortale e un terremoto o una disgrazia. Discorrendo con me, mi accettò sempre a prima vista; non mi chiedeva perché vivessi nascosto; diceva soltanto: — Dev’essere brutto per un uomo come lei starsene chiuso. — Una volta gli dissi che ci stavo benissimo. Lui chinò il capo consentendo. — Si capisce, una vita tranquilla. Ma un po’ d’aria non guasta — . Era giovane, appena trentenne, figlio di contadini. Coi ragazzi, contadinotti quasi tutti e teste dure, sapeva fare, rabbonirli, e tenerseli intorno. — Sono come i vitelli, — diceva, — non si sa perché li mandano a scuola — . Mi chiedevo se anche Dino stava in mezzo ai ragazzi; se andava a scuola come prima, se l’Elvira gli parlava. Mi chiedevo cosa fosse successo alla villa, se mi avevano cercato a Torino. Tutto questo appariva remoto, di là dalla tomba, e l’idea di ricevere qualche notizia mi faceva spavento. Meglio cosí, starmene al buio.

Invece vennero notizie, e inaspettate. Mi chiamarono in parlatorio. — Una donna vi cerca — . Era l’Elvira con veletta e borsa, e Dino rosso e ravviato. — Non s’è visto nessuno, — mi dissero. — Hanno tutt’altro da pensare. — Nemmeno in paese? — esclamai, — Nemmeno in paese.

— Mi avranno cercato dai miei, — dissi allora.

— Sua sorella le ha scritto.

Mi diede la lettera. Aprii la lettera, col cuore in gola. C’erano ancora quei paesi, quel passato. Era stata spedita da pochissimi giorni, diceva le solite cose invernali. Nessuno — era chiaro — mi aveva cercato neanche là.

Poi vidi a terra una valigia, e l’Elvira mi prevenne. — C’è la roba di Dino, siamo venuti col carretto...

Dino guardava per il vetro il porticato e l’alto muro. Un prete attraversava il cortile.

— ... Siamo stati l’altro giorno alle Fontane. Nemmeno la porta avevano chiuso, ma tutto è a suo posto. Bisogna dire che la gente è ancora onesta...

Parlava aggressiva, con un inutile bisbiglio. Era rossa e commossa. Si volse a Dino e disse a un tratto: — Qui ti piace?

Venne un ragazzo a chiamare Dino dal rettore. Guardai l’Elvira stupefatto. Lei gli disse di andare e dare buone risposte, poi


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