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— Vedete, ingegnere: «Tempo mosso». Sempre i soliti, i giornali. Domando a voi se la marina non è un olio, quest’oggi.

Per la porta si vedevano i ciottoli e una fetta del muro di Gaetano, tranquilli nell’umido sole. Dei ragazzi vociavano giú per la strada, invisibili.

— È quasi il tempo della pesca delle seppie. Non l’avete mai veduta? Vero, siete arrivato in giugno, l’altr’anno... Si fa di notte, con la lampada e l’acchiappafarfalle. Dovreste chiedere il permesso...

Sulla soglia comparve il maresciallo, nero e rosso, faccia inquieta da perlustrazione.

— Vi cercavo, ingegnere. Sapete la nuova?... Finite, finite di mangiare.

Stefano saltò in piedi.

— Hanno respinto il ricorso, ma vi hanno concesso il condono. Da stamattina siete libero, ingegnere.

Nei due giorni che Stefano attese il foglio di via, il crollo delle sue abitudini fondate sul vuoto monotono del tempo, lo lasciò come trasognato e scontento. La valigia che aveva temuto di non fare in tempo a preparare, la chiuse in un batter d’occhi, e dovette riaprirla per cambiarsi le calze. Dalla madre di Giannino non osò prendere commiato, per timore di farla soffrire con la sua libertà insolente. Continuò a gironzare dalla sua stanza all’osteria, incapace di fare una corsa piú lontano, di salutare a uno a uno i luoghi deserti, pallidi, della campagna e del mare, che tante volte aveva divorato con gli occhi, nel tedio esasperato, dicendosi: «Verrà l’ultima volta, e rivivrò quest’istante».

Gaetano e Pierino corsero a cercarlo in casa. Stefano, che mai aveva vista la sporcizia della sua stanza come adesso che ci avrebbe dormito per l’ultima volta, li fece entrare e sedere sul letto, ridendo scioccamente dei mucchi di cartaccia, dei rifiuti e della cenere buttata negli angoli. Gaetano diceva: — Se passate da Possano, salutatemi le ragazze — . Discussero insieme gli orari dei treni, le stazioni e i diretti, e Stefano incaricò Pierino di ricordarlo a Giannino.

— Gli direte che dà piú soddisfazione uscir di carcere che non dal confino. Oltre le sbarre tutto il mondo è bello, mentre la vita di confino è come l’altra, solo un po’ piú sporca.


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