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— State buono, ingegnere, se no vi mandiamo in quarantena anche voi.
Stefano s’era liberato guardandolo beffardo. — Il vostro amico è matto, — disse a Vincenzo fermo sull’angolo con loro. — Gli ha dato alla testa il caso di Catalano.
— Non parlavo di lui, — disse Gaetano con gli occhietti piú vispi, — dicevo che vi mandiamo lassú al monte.
— Non sapete? — intervenne Vincenzo, — che al paese vecchio il maresciallo ha confinato un vostro collega?
— Cos’è?
— Uh, non lo sa? — fece Gaetano. — Venne qui trasferito a tenervi compagnia un poco di buono, che prima cosa fece un discorso sovversivo al maresciallo. E il maresciallo, che vi vuol bene, gli comandò di stabilirsi al paese vecchio perché non facesse razza. Non ve l’ha detto?
Stefano guardò scuramente i due, giacché Vincenzo aggiunse: — Voi gli siete simpatico al maresciallo, non temete. Se mandava voi lassú, stavate peggio. Sono stradette tra le case, che non ci si rigira.
Stefano disse: — Quand’è stato?
— Otto giorni.
— Non ne sapevo niente.
— Quello è storto, — disse Vincenzo. — È un anarchico.
— È un fesso, — disse Gaetano. — Non si parla cosí al maresciallo. Parola, che ci godo.
— Ma lassú non è mica carcerato, — disse finalmente Stefano. — Potrà circolare.
— Che scherzate, ingegnere? Non deve scendere, e lassú non gli capiscono nemmeno l’italiano...
— È giovane?
— Carmineddo dice che porta la barba e non piace al parroco, perché è di pronta parola con le donne. Per ora sta seduto sul muricciuolo e guarda il panorama. Ma se allunga le mani, finisce che lo buttano in basso...
Il maresciallo che passava in bicicletta e si fermava, piede a terra, sulla piazza, s’era lasciato avvicinare da Stefano e aveva sorriso.
— ...Non ha nulla a che vedere con voi, — aveva risposto. — State tranquillo e non uscite dal paese. D’inverno le strade sono guaste.
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