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ci sono come le radici. Basta prendere un colpo di sole e si pianta la casa e si vive cosí. L’uniforme non costa.

— Da noi si fanno frati, veramente.

— È lo stesso, ingegnere, — aveva detto Giannino sorridendo. — È lo stesso. Nostro convento è la prigione.

Ma poi, dileguando le giornate diafane e oscurandosi il mare, Stefano aveva pensato alle carni livide, alle finestre da cui soffia il freddo e alla spiaggia gialla e sommersa. In paese era comparso un mendicante meno in cenci, che faceva capolino nell’osteria e chiedeva una sigaretta. Era un ometto secco e sveglio, tutto avvolto in un pastrano militare troppo lungo e sempre infangato al fondo, dove spuntavano due piedi fatti su in tela di sacco. Sigaretta e bicchiere di vino gli bastavano: la minestra la trovava altrove o s’accontentava di fichi. Rideva sarcastico coi denti gialli fra la barba riccia, prima di chiedere.

Aveva avuto il suo colpo di sole anche Barbariccia, e un parroco l’aveva fatto ricoverare, ma lui s’era buttato alla strada secondo l’istinto. Benché scemo e della montagna, non mancava di battute, e sapeva intitolare «cavaliere» chi gli negava per partito preso un po’ di fumo. A certi chiedeva soltanto il cerino. Davanti al calvo Vincenzo si cavava la berretta, toccandosi il capo e inchinandosi. Era generalmente benvoluto e dicevano che non pativa l’umidità della notte.

Era anche lui comparso, in un mattino di temporale, davanti alla soglia di Stefano, sberrettandosi e ridendo e portandosi le dita alle labbra come nel saluto musulmano. Per far presto e toglierlo dagli spruzzi, Stefano gli aveva tesa una sigaretta, ma Barbariccia aveva insistito che voleva le cicche, e a Stefano era toccato cercarle per terra, negli angoli e nella spazzatura, chino, mentre l’altro si pigliava tranquillo e paziente la pioggia.

— Entrate! — gli aveva detto, seccato.

— Non entro, cavaliere. Vi mancasse qualcosa, non sono un ladro.

Mandava un fetore di cane bagnato. La luce fioca del mattino faceva sí che tutta la camera stillasse e fosse gelida, meschina, fra le quattro pareti e il mobilio sconnesso.

Poi Stefano era uscito negli spruzzi e nella fanghiglia per vedere il mare. E rientrando aveva trovato Elena che, deposta la scopa, rimboccava il letto. S’era chiuso alle spalle l’imposta di le—


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