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Nemmeno Giannino era tra i carcerieri, ma piuttosto un compagno, perché sapeva tacere, e Stefano amava restarsene solo e contemplare le cose non dette tra loro. La presenza di Giannino aveva di singolare che faceva ogni volta trasalire come una pacata fantasticheria. In questo somigliava agli incontri che si fanno per strada e che un’immobile atmosfera poi suggella nel ricordo. Sulla torrida strada che usciva dal paese dietro la casa, fra gli ulivi che non gettano ombra, Stefano aveva un giorno incontrato un mendicante scalzo, che avanzava a balzelloni come se i ciottoli gli scottassero le piante. Era seminudo e coperto di croste, d’un colore bruciaticcio come la sua barba; e quei salti d’uccello ferito si complicavano di un bastone che incrocicchiandosi alle gambe accresceva le difficoltà. Stefano lo rivedeva — bastava pensasse al gran sole — e risentiva quell’angoscia; ma l’angoscia vera è fatta di noia, e quel ricordo non poteva annoiarlo. La carne nuda fra i brandelli di sacco appariva e riappariva inerme e oscena come carne di piaga: il corpo vero di quel vecchio erano i cenci e il sudiciume, le bisacce e le croste; e intravedere sotto tutto ciò una carne nuda faceva rabbrividire. Forse soltanto ritrovando il vecchio e praticandolo — conoscendo il suo male e ascoltandone i lagni monotoni — sarebbe arrivato alla noia e al fastidio. Stefano invece lo fantasticava, e a poco a poco ne faceva in quella strada riarsa un esotico oggetto vagamente orribile, qualcosa come un rachitico groviglio di fichidindia, umano e crostoso di membra invece che di foglie. Erano atroci quelle siepi grasse, ammassate carnosamente come se l’aridità di quella terra non conoscesse altro verde, e quei fichi giallicci che incoronavano le foglie fossero davvero brandelli di carne.

Stefano aveva sovente immaginato che il cuore di quella terra non poteva esser nutrito d’altro succhio, e che nell’intimo d’ognuno si nascondesse il groviglio verdastro. Anche di Giannino. E la sua discreta e taciturna compagnia gli piaceva come un virile riserbo. Era l’unico, Giannino, che sapesse popolare di cose non dette la solitudine di Stefano. Per questo, tra loro c’era ogni volta la ricca immobilità di un primo incontro.

A suo tempo gli aveva parlato anche del mendicante, e Giannino aveva risposto con gli occhi piccini: — Non ne avrete mai visti di cosípezzenti, immagino?

— Capisco ora cosa sia un pezzente.

— Ne abbiamo tanti, — aveva detto Giannino. — Qui da noi,


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