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del lei? — e l’abbracciò e la baciò mentre Elena si dibatteva perché la porta era aperta.
Poi Elena chiese: — Vuoi che ti scaldi il latte? — e Stefano disse che quello era un lavoro da moglie.
— L’ho fatto tante volte, — disse Elena con malumore, — per chi non aveva nemmeno riconoscenza.
Stefano, seduto contro il letto, accese la sigaretta ascoltando. Era strano che quelle accorate parole salissero dal corpo che la sottana bruna copriva. Mentre accudiva il pentolino sul fornello, Elena si lagnava di quel marito che aveva avuto; ma Stefano non poteva accordarne la voce e gli sguardi esitanti al ricordo della bianca intimità. Nel dolce profumo caprigno che saliva dal fornello, Elena si faceva tollerabile, diventava una donna qualunque ma buona, un’inamabile e rassegnata presenza come le galline, la scopa o una serva. E allora illudendosi che tra loro non ci fosse nulla se non quello sfogo modesto, Stefano riusciva a condividere il discorso e a godersi in cuore una pace insperata.
Elena cominciò a riordinare la stanza, sloggiando Stefano dalla sponda del letto. Stefano bevve il suo latte, e poi prese ad arrotolare le mutandine da bagno in un asciugamano. Elena era giunta scopando alla cassa dov’era la valigia della roba, e vi girò intorno la scopa, levò gli occhi, e disse bruscamente:
— Hai bisogno di un armadio per stendere la biancheria. Devi disfare la valigia.
Stefano fu stupito di non trovare obiezioni. Tanto tempo l’aveva tenuta là sopra, pronta a chiuderla e a ripartire: per dove? Cosí aveva detto anche a Giannino, intendendo il carcere, intendendo quel foglio che poteva arrivare e riammanettarlo e ricacciarlo chi sa dove. Ora non ci pensava piú.
— La voglio lasciare dov’è.
Elena lo guardò con quella sua sollecitudine imbronciata. Stefano sentiva di non potersene andare cosí, di dover chiudere la mattinata con un poco d’amore; e non voleva, intendeva non dargliene l’abitudine, stava indeciso sulla soglia.
— Va’ va’, — disse Elena, imporporandosi, — va’ a fare il bagno. Tu stai sulle spine.
— Lo vedi che al mattino siamo soli, — balbettò Stefano. — Verrai sempre al mattino?
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