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come le corde che fanno la musica. Non si suona strappando le corde, si suona toccandole.
Ci vedemmo altre volte, a passeggio qua e là per Roma. Gina mi chiese se i compagni erano morti. Non aveva una faccia scontenta.
Non dispiaceva neanche a me tirare il fiato. Ma quel lungo silenzio era sempre peggio. Passai davanti a quella bettola, e la vidi ancor chiusa. Era domenica. «Domattina, — pensai, — faccio un salto sull’Aurelia». Non ebbi il tempo, per fortuna. Mi arrestarono prima di giorno, pigliandomi a letto.
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