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piano piano, ma nei casi del gioco dava mano al mio braccio e stringeva. Finí che anch’io mi strinsi a lei senza parlare.

Andammo tutti a bere insieme, a un’osteria, ma lei non finí il suo bicchiere. Si chiamavano insieme per nome e ridevano. Non avevamo la chitarra, ma Carletto cantò ugualmente la rivista. Le chiedemmo perché non restava la sera con noi. Si poteva andar fuori a cenare. Anch’io le dissi di venire.

Cosí passammo a ritirare la chitarra in trattoria; poi si andò a cena fuori porta. C’era un bel posto su una strada antica che ci si va per un’arcata come un grande portone. Lo sapeva Giulianella. Camminammo tra muri e campagna, si vedevano degli alberi neri e dei pezzi di pietra. Non ho mai visto una campagna cosí vuota. Veniva voglia d’esser rondine e volarla.

Ci sedemmo all’aperto, a quei tavoli piantati per terra, sotto una griglia e delle canne. Eravamo a due passi da Roma e Roma non c’era piú. Veniva sera e non ci accesero la luce.

Qui mangiammo, suonammo e ridemmo bevendoci sopra. Lei non parlava e ci ascoltava fare i matti. Le piaceva sentir la chitarra. Mi montarono poco alla volta e bevevo, ma per suonare li volevo zitti tutti, perché le note quella sera mi piacevano pulite.

Quando fu l’ora di tornare a teatro, la Bionda non volle saperne. Disse che s’era divertita e che voleva andare a casa. Discutemmo sul tram ma lei non volle saperne. Tutti dicevano: — Tu Pablo accompagnala — . Io che avevo bevuto e pensavo ancora a quei prati, l’avrei lasciata tornar sola, ma non vollero. — Poi ritorni a teatro, — mi disse Dorina.

E cosí ce ne andammo a casa, chitarra a tracolla. Fin che fummo in tram passò liscia. Ma quando l’ebbi a fianco sola, camminando, mi toccò dir qualcosa.

— Non lo sapevo che si chiama Gina, — le dissi.

Mi guardò di sfuggita. — Come tu che sei Paolo.

Arrivammo zitti al negozio. Lei l’aprí, poi mi disse: — Lo prendi il caffè?

Mentre stava nel retro a scaldarlo, io posai la chitarra e aspettavo. Dal finestrino illuminato la sentivo fischiare.

— Sono poche le donne che fischiano, — dissi.

Cessò quel fischio, poi sentii: — Non è mica proibito.

— Una donna che porta la tuta, — le dissi, — non fa male a fischiare.


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