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non me l’hai data una stampa da leggere? Voglio sapere cosa scrivono quei tali.

— Sarebbe stata un’imprudenza, — disse lui. — Non è mica una cosa che leggi sul tram.

Io non capivo dove stesse il gran pericolo. Carletto allora mi spiegò quel che dicevano le stampe.

Tornando a casa ci pensavo, e cercavo di mettermi al posto di chi riceveva quei fogli. Che cosa avrei detto leggendo che tutti rubavano, che bisognava tener duro e non tradire gli italiani, che tutto il mondo ce l’aveva coi fascisti. C’era chi le scriveva e rischiava là pelle. I miei stradini le dicevano in bottega. Non capivo il bisogno di scriverle e farsi prendere. Non capivo che gusto Carletto ci provasse. Quando arrestavano qualcuno con quei fogli, eran felici. Lo diceva anche lui. Glieli leggevano sul muso, e poi botte. Valeva la pena? Se vuoi farla a qualcuno, non devi dirglielo prima.

Ritornando in bottega mi faceva un certo effetto. Tutto sommato ero contento di sapere com’era. Mai piú la Bionda si pensava ch’ero stato a fare il giro. E la vecchia Marina? Avrei pagato non so quanto per parlarne con Amelio. Me lo vedevo nel letto, in mezzo a tutti i suoi giornali. Ma doveva esser stato piú furbo, lui. Per esempio, con me non aveva fiatato. Quanto avrei dato per parlargliene stavolta.

Venne invece in negozio Solino ch’era stato un amico del Biondo, e lavorava a quel catrame e passava dall’oste le mezze giornate.

— Noi ci pagano, — disse. — Perché lavorare?

— Chi vi paga?

— L’impresario ha interesse che duri. Prende un tanto, lui, sulle nostre giornate.

Dal finestrino la mia vedova guardava. Avevo acceso mezza cicca e me ne stavo sulla porta. Passò un camion col grosso rimorchio e la targa d’Ancona.

— Anche quello è un vivere, — diceva Solino. — Se ne fanno dei soldi.

— Ci ho lavorato sopra i camion, — dissi allora. — Mi piacerebbe andare un po’ per queste strade.

Venne la Bionda in bottega con quel passo svogliato. — Fammi


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