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si portavano il pollo, l’insalata, la frutta, comandavano il vino e mangiavano. Mi tornò in mente il Mascherino, dove passavano gli artisti. Ma là era un buco da vecchietti, e c’era scuro e serviva soltanto a puttane e teatro. Qui si mangiava e si suonava, si rideva e beveva, era il centro del rione. Mi ricordavo quella notte dei romani al Mascherino, e l’indomani e il giorno dopo e tante cose. Poi col caldo, alla fine d’aprile, le porte s’apersero e si sentiva odor di fresco ai tavolini, e le viuzze eran piene di stelle. Non andò molto che portammo la chitarra — altre ce n’erano — e Carletto diceva i suoi scherzi e tutti quanti cominciarono a chiamarmi per nome.


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