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era qui che Dorina maltrattava Carletto. Quando le figlie non rientravano a tempo, quando rompevano qualcosa, quando in piazza i balilla le facevano scappare, cominciava la nonna a lagnarsi che vivessero in strada, che vestissero quella divisa; e Dorina a gridare che se un uomo non capisce quel che succede nel mondo, cosa possono fare le donne? Ce l’aveva con Carletto e col marito carcerato. Ce l’aveva con gli anni persi, coi conti sbagliati, coi quattrini non fatti. Rinfacciava a quell’altro di esser stato un illuso; a Carletto di ridere e prendere in giro. — Se non fossi una donna, — diceva, — farei... — Che faresti? — diceva Carletto, — se stai meglio di tante.

Mi tornavano in mente le volte che Amelio sentiva nella tampa parlar di politica. C’era sempre qualcuno che alzava la voce e diceva che il duce non s’era sbagliato, che gli italiani stanno meglio di una volta, che a chiacchierare sono buoni tutti quanti. — Dunque stai zitto, — disse Amelio una sera. E guardava in quel modo che levava la voglia.

Ma del Fascio Dorina con me non parlava. Quando uscivamo noi due soli per andare da Carletto, lei mi chiedeva di Torino e dei negozi di mode, mi raccontava che in teatro c’era entrata per capriccio e che a Genova aveva venduto ogni cosa, le pellicce, i gioielli, la voce. Rideva. — Non so perché, voi torinesi mi piacete, — disse allegra. — Siete dei matti, dei maligni, dei fissati. Se non avessi una famiglia, quasi quasi... — Io la tenevo a braccetto e pensavo a Torino. «Sono a Roma, — dicevo tra me, — sono a Roma».

— E a Torino ci pensi? — diceva lei a volte. Poi diventava malinconica e parlava dei suoi anni. — Ho già una figlia che fa l’occhio ai giovanotti, non sai?

Arrivava Carletto e diceva: — Vi ho presi — . Nella nostra trattoria Dorina era benvista da tutti. Credevo sulle prime che fosse perché aveva cantato in teatro — a volte le chiedevano di cantare anche lí. Ma una sera succede che sento due tipi dirsi: «Guarda che donna», e capii che per loro Dorina era bella. Quanto avrei dato per parlarne con Carletto. «Quest’è Roma, — dicevo tra me sbalordito. — Queste sono le donne che piacciono a Roma». Feci caso per strada e mi accorsi che molti le guardavano dietro. «Meno male, — dissi, — cosí si consola».

Cosí andavamo all’osteria, ed era vera la parola di Carletto che tutta Roma è un’osteria e ci si vive. Ci venivano intere famiglie,


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