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è una grande città dove tutti ci mangiano e dànno da mangiare. — C’è tanto grasso, — mi diceva, — che lo senti nell’aria. Nessuno chiude nemmeno la porta di casa. Là si vive e si mangia per strada.
— Non è piena di torri Littorie?
Lui ghignava, e abbassò la voce. — Anche a questo qualcuno ci pensa, — disse. — Ci sono i dritti, ne conosco.
Poi raccontava che le strade sono fatte a montagnola e che dietro ai palazzi si vedono i pini. — Si può star fuori notte e giorno, — mi diceva. — A quest’ora è già estate. Roma è tutta osteria, e ci fa sempre sereno. Giri di qua, giri di là, vai fuori porta. Dappertutto la gente è a merenda, che gode. Tu hai la chitarra, faresti fortuna.
Finí che un mattino dissi a Milo: — Vado a Roma.
— Non è mica Pianezza, — rispose. — Si sta fuori sei giorni.
— Voglio andare e restarci.
— Ti costa meno farla in treno, — disse lui.
— Siamo in due.
Allora Milo mi guardò e mi disse: — Buono.
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