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quanti son parenti come i gatti — . Si diede un pugno sulla fronte e poi sul tavolo.

— Ecco perché ho sognato i gatti, — gridò. — Anche Torino è come Roma.

Linda mi disse: — E con Lilí che cosa hai fatto?

Ricominciai. — Siamo arrivati in riva al mare. Correvamo. Lei scappava in bicicletta sulla sabbia. Raccolsi una pietra e tirai da lontano, mirando la testa. La pietra batté sulla testa e saltò dentro Tacqua. Lilí cadde morta.

Carletto disse: — Con tant’acqua è brutto segno.

— È chi ama, che uccide, — disse Linda.

Raccontare quel sogno cosí a un terzo non mi fece piacere. Si resta sempre come quando non si ricorda piú la fine di una storia o la chitarra non ti dice. Fa l’effetto di mettersi nudi. Dovevo dirlo solo a Linda in un orecchio. E invece Linda ci scherzava, lo pigliava sul serio e faceva le smorfie a Lilí.

Mi chiese: — E com’era vestita Lilí?

— Non lo so.

Qui Carletto ghignava. — Sí sí, — disse Linda, — facevate l’amore.

— Smettetela, — disse Carletto. — Lo sai che stanotte mi butto nel Po?

— Come hai passato Capodanno? — disse Linda.

— Cercando Lubrani per fargli la pelle. Dopo che ho messo su una strada tanta gente. Io non ho la sua faccia. Se torno a Genova mi fan la pelle. Sai che gioco mi ha fatto? Ha tolto me per dar la sala a quella Clari.

— Sciocchezze, — disse Linda, — Tu piaci al pubblico. Lo sanno tutti.

— Lui però non lo sa.

Poi si calmò e canterellava i suoi motivi. Linda accese la sigaretta alla mia e gli disse: — Raccontaci.

Cosí Carletto recitò, cantò e ballò. Faceva tutto sottovoce. Le cosette piú stupide, gli attacchi dei balli, faceva finta di non dirli e schioccava le dita. Ogni momento un’altra voce. Linda rideva come un gallo. Della gente ci stava a guardare. Non avevo mai visto un attore a quel modo. Anche la gobba gli serviva. Sembrava il buco del suggeritore. Faceva l’orchestra. Faceva le donne. E non smetteva di fumare, sottomano.


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