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demmo in piazza, e ci guardavano. Entrammo al caffè con Lubrani davanti. Io pensavo a San Mauro.
Lubrani volle una bottiglia di barolo. Avevamo salito una scala di legno, e si stava di sopra, in un salotto coi tendaggi, dove c’era un sofà e il caminetto. Non si sentiva piú le voci della sala dabasso.
Era ancor presto, ma sembrava che piovesse, alla finestra. Si travedeva un grosso quadro sopra il muro, di una donna vestita da Napoli, che pareva una mora e rideva e aveva l’aria di ballare, mano al fianco. Linda disse: — Chiamiamo perché accendano il fuoco.
Mentre il ragazzo si voltava a guardarci, noi bevemmo e Lubrani mi disse: — Tu sei giovane, Pablo, e non sai che tre nasi sono quel che ci vuole per bere il barolo.
— Non lo so, — dissi asciutto.
— Ma com’è buono, — disse Linda.
Quando il ragazzo se ne andò, mi sentii meglio. Invece Linda passeggiava per la stanza e sembrava ballasse e teneva il bicchiere levato. Poi si buttò sul seggiolone, senza spargerne.
— Adesso Linda ci racconta qual è il vino da bere facendo l’amore in un giorno d’inverno. Sono cose che solo le donne capiscono. Linda, in un giorno come questo, con la neve.
Linda buttò la testa indietro e disse pronta: — Quel che si ha sottomano.
— Ah no, non ci truffi. Rispondi.
— Se il barolo lo bevono in tre, — disse Linda, — beviamo il barolo.
— C’eri già stata, — chiesi a Linda, — in questo buco?
Alzò le spalle. Lubrani mi disse: — Linda è già stata dappertutto.
In quella luce faticosa dei vetri, levavo la testa e mi vedevo sempre il quadro. Adesso i riflessi del fuoco gli davano un’aria piú ballerina. Linda guardò dove guardavo e sobbalzò. — La chitarra.
Suonammo e comparve il ragazzo.
Lubrani gli fa: — Una chitarra.
Quello aspettava e non capiva.
— Vacci a cercare una chitarra. Ci sarà una chitarra.
Ci guardò spaventato.
— Voglio suonare la chitarra, — gridò Lubrani incarognito.
Dovette uscire sulla scala per spiegarlo alla padrona. Linda
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