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Mi guardò con quell’aria.
— Tu hai la chitarra, — disse. — Perché non provi a suonare in orchestra?
— È come dirlo.
— Non m’intendo di musica, — disse. — Non so cantare né suonare. Ma tu sei Pablo e tutti dicono che sei nato per questo.
Quella sera non andammo a ballare. Parlammo invece della notte prima, e di Lilí che al Paradiso andava sola.
— Quella i quattrini li farebbe, — disse Linda, — se potesse.
— Le scarpette da ballo le ha carine.
— Quella? Non mangia per comprarsi le scarpette.
Allora le chiesi perché tra ragazze si odiavano tanto. Linda rideva e disse svelta: — Sai anche le scarpette che porta. Vi siete baciati?
— Le somigli, — diceva. — Cerchi anche tu di far fortuna.
Mi venne in mente l’anno prima, che passavo le sere a girare con gli altri e poi cantare all’osteria. Cos’è un uomo, dicevo. Quanto tempo è passato; sembra ieri.
— Cos’hai da ridere? — mi chiese Linda.
— Penso a quel che direbbero quelli del corso se facessi fortuna,
— Una fortuna l’hai già avuta, — disse Linda.
Ci guardammo.
— Non ti basta?
— È la stessa cosa, — dissi. — Vengono insieme, queste cose. Questa mattina alla stazione ero contento. Non sarei piú rientrato a casa.
Linda disse: — Ti monti la testa.
Poi disse: — In quanti posti sei andato stamattina?
— Lo sai chi c’era, — dissi allora, — stamattina? Sei tu che gli mandi le donne?
— Che donne?
Le raccontai la ragazza dal basco. Linda scosse le spalle. — Sono i pasticci che Amelio combina. Lascia perdere.
— Era brutta.
Linda mi disse: — Vuoi che usciamo?
Allora uscimmo. Per la strada mi disse: — Stringimi il braccio ché fa freddo — . Cosí andavamo stretti stretti, e le parlavo nei capelli. — Andiamo ancora in qualche posto, — dicevo.
Linda taceva e mi stringeva il braccio. — Camminavi cosí con
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