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Se ne andò nella nebbia. Io presi Lilí sottobraccio. Andammo un pezzo senza dire una parola. Traversammo i giardini, traversammo la Dora.
— Com’è, — disse infine Lilí, — lui che ha la macchina è già a casa, e noi ci tocca camminare.
Non era mica scema, Lilí. Veniva saltellando, e capiva perché stavo zitto. Capiva perfino che volevo star solo. Si fermò e disse: — Senta. Non s’incontra nessuno. Sono avvezza di notte.
— Andiamo avanti, — dissi duro.
Poi scherzammo e parlammo di Linda. Lilí l’aveva conosciuta al Paradiso. Non mi disse con chi, e non glielo chiesi. Ero troppo intontito. La lasciavo discorrere. Ma le chiesi perché andava cosí da sola sul ballo.
— Perché vado? — mi disse stupita.
Se le piaceva proprio tanto ubriacarsi con Lubrani. — E domani il negozio, — le dissi. — E dormire?
Lilí saltava e mi teneva stretto il braccio.
— Avrò tempo a dormire da vecchia.
Cosí arrivammo al capolinea. Era quasi nei prati. Lilí guardò in su e disse grazie. — Non è la casa di Lubrani, si capisce.
— Fra due ore è mattino, — le dissi.
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