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L’incontrai sulla porta e le diedi un’occhiata. Lei aveva un bicchiere per mano e mi disse di prendermi il mio. Passando mi batté il fianco nel fianco.
Quando tornai, già si parlavano. — Ti farebbe un po’ meglio che il vino, — gli diceva, — se bevessi caffè.
— Senti, lasciami stare, — disse Amelio.
Poi parlarono della moto. Linda gli chiese se quel tale era venuto a vederla. — Quando l’avrò veduta anch’io, — disse Amelio, ne parliamo.
— Sono anch’io senza un soldo, — disse Linda. — Chi sta bene è Pablo.
Mi guardava. Anche Amelio mi guardò.
— Non suoni, non parli, — disse Linda ridendo. — Non vuoi darmi del tu. Pensi sempre a far qualcosa per Amelio?
Amelio disse: — Cosa c’entra?
La chitarra l’avevo posata sul letto. Dissi di furia: — Vuoi che suoni?
Mi buttai sul motivo di prima e lo suonai come un matto. In sordina ma senza saper bene dove andava la mano. E suonando sentivo un’altra volta il motivo piacermi, era come un godere, ma sapevo che tanto era inutile, che avrei dovuto essere in strada. Mi ascoltarono senza parlare, e alla fine Linda fece una smorfia.
Amelio disse ch’era ben suonato. — Non ti vien voglia di ballare? — disse Linda togliendogli di mano il bicchiere. — Ti ricordi quel ballo da Gigi, che c’era solo la chitarra?
Amelio si animò.
— Ti ricordi, — disse Linda, — faceva un freddo che tutti tenevano il colletto voltato. Il suonatore si bagnava le mani nella grappa per resistere.
— Era ghiacciata anche la strada, — disse Amelio. — È la notte che siamo slittati.
— Roba da matti. Sotto un portico, a gennaio.
Linda raccolse un giornale da terra e disse: — Leggi tutti i giornali?
Poi disse a me: — Tutti i giornali di Torino sono i suoi.
Io la guardai senza dir nulla.
— Invece Pablo è come me. Non li legge, i giornali.
— Ci perde poco, — disse Amelio.
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