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— È come giocare al lotto, — disse Doro. — Uno si è messa la bolletta in tasca e non ci pensa piú.

Quel pomeriggio quando Guido fermò la macchina al cancello, io ero con Clelia, che ci salutavamo. La guardavo girare per le stanze e fare pacchi, e la cameriera correva su e giú. Di tanto in tanto Clelia emetteva un sospiro e veniva alla finestra dov’ero appoggiato, come una padrona di casa che fa il giro degli ospiti e ad uno fra gli altri riserva gli sfoghi della stanchezza e della noia.

— Contenta di tornare a Genova? — le dissi.

Con un sorriso distratto fece di sí col capo.

— A Doro piacciono i viaggi improvvisi, — dissi. — Speriamo che sia l’ultimo.

Neanche quest’allusione Clelia non la raccolse. Disse invece che in queste cose non si può giurare di niente; poi divenne rossa e se la cavò protestando: — Oh villano.

Le dissi che avrei lasciato anch’io la spiaggia. Tornavo a casa. — Mi dispiace, — disse Clelia. Anzi, le risposi, ero contento di avere trascorso con lei la sua ultima estate di ragazza. Per un attimo Clelia ridivenne quella dei giorni andati: si fermò col capo levato e disse piano: — È vero. Che sciocca. Si dev’essere molto annoiato, poverino.

Partirono, a metà pomeriggio, con Guido che scherzava, ma siccome Clelia si mostrò subito svogliata, credo che smettesse. Mi dissero di aspettarli perché contavano di tornare entro qualche giorno: io li vidi allontanarsi con una certa tristezza. In fondo, mi spiaceva che Doro non mi avesse chiesto di fargli compagnia.

La mattina dopo, ero con Ginetta sulla spiaggia e, parlato un poco di Clelia, non sapevo piú che cosa dirle, quando certi giovanotti vennero a portarmela via. Gironzolai tra gli ombrelloni. Intravidi la Nina, e voltai al largo. Mi aspettavo Berti, da un momento all’altro.

Invece, mentre tornavo sul viale, incontrai Guido. Aveva portato allora la macchina in rimessa. Mi disse che gli sposi si trattenevano a Genova. Il loro medico era assente e Clelia aveva un poco sofferto del viaggio. — È seccante, — concluse, — quest’anno scappano tutti.

Berti, al solito, si fece vivo in trattoria. Entrò come un’ombra, e seppi di averlo davanti al tavolino prima ancora di levar gli occhi. Mi parve tranquillo.


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