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X.

Guido m’invitò con molte cautele a salire una sera in macchina fin lassú. — Q sarà Nina. Permette, vero? — Sogguardò Berti, che era rimasto indietro di qualche passo per lasciarmi parlare, e mi sbirciò interrogatore. Gli chiesi di portarci anche Berti, giovanotto di spirito e che sapeva ballare, ch’era di piú che non sapessi far io. Guido aggrottò le ciglia e disse: — Certo — . Allora li presentai.

Fu una sera di silenzi. Berti aveva creduto di trovarci Clelia e gli toccò invece ballare con Nina che lo squadrava e ci perdeva le parole; noi, seduti al tavolino, tacevamo e seguivamo con gli occhi le coppie. Non era che Guido volesse liberarsi di Nina: le parole che mi disse noncurante, mi parvero piuttosto uno sfogo: — Ho un’età, professore, che non posso cambiar vita, ma se Nina volesse distrarsi, trovare un ambiente, una compagnia che le giovasse, vedrei la cosa di buon occhio.

— Non c’è che da dirglielo.

— No, — disse Guido. — Si sente sola. Capisce, un uomo ha degli amici, dei rapporti da intrattenere. Non sempre può dedicarle il suo tempo.

— Una franca spiegazione non ci starebbe? — suggerii.

— Con altre donne, non con lei. Un’amica, una vecchia amica, capisce... una donna esigente, mi spiego?

Poi Nina fece qualche ballo con lui, e Berti fumava sigarette al tavolo, guardandosi attorno. Mi chiese se la signora era moglie di Guido.

— Questa no, — gli dissi. — È di quel mondo che t’immagini tu. Chi cerchi?


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