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Stefano scese dal letto e andò alla finestra. La donna, seduta nel letto con le mani sui seni, gettò un grido roco.

— Che c’è? — disse piano Stefano.

— Non aprire. Ci vedono.

Aveva i capelli disfatti e il sudore sul labbro. Cominciò a rivestirsi in furia, saltando contro la parete. Le gambe pallide scomparvero nella nera sottana.

— Adesso posso aprire? — borbottò Stefano.

Con l’indice sul labbro, Elena venne verso di lui battendo le palpebre come per vezzo. Lo guardò sorridente e imbronciata, e gli posò una mano sul petto nudo.

— Vado via, — disse piano.

— Resta ancora. Da tanto tempo non abbraccio una donna.

Elena sorrise. — Ecco, pregami cosí. Mi piace. Non mi pregavi cosí — . Poi le salirono i lucciconi agli occhi e gli prese una mano e se la compresse sopra un seno. E mentre piangeva, tra le braccia di Stefano, ansimava: — Parla cosí. Mi piace quando parli. Abbracciami. Sono una donna. Sí, sono una donna. Sono la tua mammina.

La stoffa nera sopra il seno molle impacciava Stefano, che disse con dolcezza:

— Potremmo andare qualche volta sulla spiaggia.

Gli occhi di Elena bevevano le sue parole. — No sulla spiaggia. Davvero mi vuoi bene? Ho avuta tanta paura che tu volessi solamente il mio corpo. Non vuoi solamente il mio corpo?

— Ti voglio bene, ma desidero pure il tuo corpo.


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