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VI.

— Come vedi, sono vivo, — gli dissi. — C’era bisogno di venirmi dietro tutta la sera?

Mi chiese se andavo a dormire. Ci soffermammo sotto l’ulivo, ch’era una macchia nera nel buio. — Dicevano che una signora s’è uccisa, — disse Berti.

— T’interessi anche alle signore?

Berti guardava la mia finestra, col mento in su. Si volse vivacemente e disse che una disgrazia può decidere un villeggiante a partirsene, e lui aveva pensato che io o i miei amici saremmo partiti.

— È sua parente? — mi chiese.

Capii quella sera che, quando diceva i miei amici, intendeva Clelia e Doro. Mi chiese ancora se Mara era loro parente. L’assurdo sospetto che s’interessasse ai trent’anni di Mara mi fece sorridere. Gli chiesi se la conosceva.

— No, — disse lui. — Cosí.

Gli diedi appuntamento per l’indomani alla spiaggia, scherzando sulla sua trovata di leggere in compagnia. — Se credi di farti presentare ragazze, ti sbagli. Mi pare che sai fare da solo.

Quella notte fumai seduto alla finestra, ripensando alle confidenze di Clelia, indispettito all’idea che mai Ginetta me ne avrebbe fatte di simili. Mi prendevano malinconie che conoscevo. Si aggiunse il ricordo della conversazione con Guido, che finí di avvilirmi. Per fortuna ero al mare, dove i giorni non contano. «Sono qui per svagarmi», pensai.

L’indomani eravamo seduti in cima allo scoglio io e Doro, e sotto di noi Clelia si stava distendendo supina, coprendosi gli


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