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Qui Clelia mugolò, in quel suo modo infantile. — Ecco, fa come gli altri anche lei. Ma non capisce che non possiamo litigare? Noi ci vogliamo bene. Se potessi odiarlo come odio me, allora sí lo maltratterei. Ma nessuno di noi due lo merita. Capisce?
— No.
Clelia stette zitta, e ascoltammo scricchiolare la ghiaia e interrompersi l’orchestra e qualcuno cantare.
— Che consiglio le ha dato il suo Guido? — ripresi con la voce di prima.
Clelia alzò le spalle. — Dei consigli interessati. Lui mi fa la corte.
— Per esempio: di avere un segreto per Doro?
— D’ingelosirlo, — disse Clelia compunta. — Quello stupido. Non capisce che Doro mi lascerebbe fare e soffrirebbe tra sé.
Qui venne non so che amica del gruppo a cercare Clelia, e la chiamava e rideva: rimasi solo, seduto sulla panchina. Provavo il mio solito piacere scontroso a starmene in disparte, sapendo che a pochi passi fuori dell’ombra il prossimo si agitava, rideva e ballava. Né mi mancava materia da riflettere. Accesi una pipa e me la fumai tutta. Poi mi mossi e girai fra i tavolini finché incontrai Doro. — Andiamo a bere un bicchierino al banco? — gli dissi.
— Tanto per regolarmi, — cominciai quando fummo soli, — posso raccontarlo a tua moglie che per non farci legnare abbiamo dovuto scappare il mattino dopo?
Stavamo giusto ridendo, e Doro rispose con un mezzo sogghigno: — Te l’ha chiesto lei?
— No, te lo chiedo io.
— Figurati. Raccontale quello che vuoi.
— Ma non siete in rotta?
Doro alzò il bicchierino, fissandomi sovrapensiero. — No, — disse calmo.
— E come va allora, — dissi, — che ogni tanto Clelia ti cerca con due occhi spaventati, che sembra un cane? Ha tutta l’aria di una donna che sia stata bastonata. L’hai bastonata?
In quel momento la voce di Clelia, che volteggiava sulla pista con un tale, ci gridò: — Ubriaconi, — e vedemmo la sua mano agitarsi in saluto. Doro la seguí con gli occhi, annuendole assorto, finché non scomparve dietro la schiena del ballerino.
— Come vedi è contenta, — disse piano. — Perché dovrei ba-
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