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suo ballo, era a due passi dalla soglia. Su questa era comparso un uomo, in maniche di camicia, tozzo.
Proprio in quel momento, dal fondo della piazza si levò una voce acuta, insolente — la voce di quel Biagio — che urlò: — Marina, non aprite, sono ubriachi come bestie — . Dalla finestra vennero esclamazioni, trapestio; scorsi vagamente delle braccia agitarsi.
Ma già sullo scalino l’uomo e Ginio si erano abbrancati e si dibattevano mugolando, spostandosi, soffiando come cani arrabbiati. L’uomo aveva i calzoni neri, listati di rosso. Doro, che mi teneva la spalla, si staccò d’improvviso e saltò sul viluppo. Menò a casaccio qualche calcio, aggirandosi intorno, cercando d’infilarsi nella mischia. Poi si staccò e si fece sotto alla finestra. — Sei Rosina o Marina? — disse guardando in su. Non rispondevano. — Sei Rosina o Marina? — urlò, col piede sulla soglia.
Seguí uno schianto, era caduto qualcosa: come si seppe dopo, un vaso da fiori. Doro saltò indietro, sempre guardando lassú, dove adesso s’agitavano almeno due donne. — Non l’abbiamo fatto apposta, — disse una voce perentoria, di donna inasprita. — Vi ha fatto del male?
— Chi è che parla? — vociò Doro.
— Sono Marina, — disse una voce piú flaccida, supplichevole.
— Vi siete fatto male?
Allora uscii anch’io dall’ombra, per dire la mia. Ginio e quell’altro s’erano staccati e si giravano intorno, menandosi sventole rabbiose, cacciando grugniti. Ma subito il carabiniere con due salti ritornò sulla porta, staccandone Doro e buttandolo indietro. Le donne lassú strillavano.
Ricominciarono a spalancarsi finestre nel giro della piazzetta, e voci seccate, voci furenti, s’incrociavano. L’uomo aveva richiuso la porta, e si sentí che metteva in furia la sbarra di legno. Sul nostro capo s’incrodò tutto un rosario d’ingiurie, di lagni e di voci, dominato dalla voce aspra della prima delle due donne. Sentii — ciò che finí per snebbiarmi dal vino — che il nome di Doro correva di finestra in finestra. Ginio ebbe un bel tempestare di nuovo contro la porta e gridare. Dalle finestre attraverso la piazza cominciarono a pioverci mele e certi proiettili duri — ossi di pesca — e poi, quando già Doro abbrancava Ginio e lo tirava via, un lampo da quella finestra e una gran detonazione che zitti tutti quanti.
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