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ch’era sola. «Sono una vecchia, ecco cos’è. Tutto il bello è finito».

E una sera che tornava a casa in fretta, incontrò Amelia sul portone. Fu un incontro brusco e non si salutarono, ma Ginia si fermò. Amelia con la veletta e tutto, passeggiava aspettando. — Che cosa fai? — Aspetto Rosa, — disse Amelia tutta rauca, e si guardarono. Allora Ginia fece una faccia, e scappò su per le scale.

— Che cos’hai questa sera? — le diceva Severino mangiando. — Ti hanno dato un cane?

Quando fu sola, Ginia cominciò a disperarsi davvero. Non piangeva nemmeno. Girava per la stanza come una matta. Poi si buttò sul sofà.

Invece proprio quella sera venne Amelia. Ginia, quando le aprí, non ci credeva. Ma Amelia entrò come al solito, chiese se c’era Severino, e andò a sedersi sul sofà.

Ginia non si ricordò di fumare. Parlarono di quel che facevano, adagio, tanto per dire qualcosa. Amelia s’era tolto il cappello e stava con le gambe accavallate, e Ginia appoggiata al tavolo, vicino alla lampada abbassata, non le vedeva la faccia. Parlarono del gran freddo e Amelia disse: — Quanto ne ho preso, stamattina.

— Sei sempre in cura? — chiese Ginia.

— Perché? sono cambiata?

— Non so, — disse Ginia.

Amelia chiese da fumare: sul tavolo c’era il pacchetto. — Fumo anch’io, — disse Ginia.

Mentre accendevano, Amelia disse: — Ti è passata?

Allora Ginia arrossi tutta e non rispose. Amelia si guardò la sigaretta e disse: — Credevo.

— Vieni di là? — balbettò Ginia.

— Non ha importanza, — disse Amelia buttando le gambe e alzandosi. — Vuoi che andiamo al cinema?

Mentre finivano la sigaretta, Amelia disse ridendo: — Hai fatto colpo su Rodrigues. Voleva sapere se mi piaci. Guido adesso è geloso di lui — . E mentre Ginia cercava di sorridere, continuò: — Sono contenta perché questa primavera sarò guarita. Quel tuo medico dice che mi ha preso in tempo. Senti, Ginia, al cinema non c’è niente di bello.

— Andiamo dove vuoi, — disse Ginia, — conducimi tu.


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