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— Avanti, — disse Rodrigues, — facciamo un brindisi alle tue.

Guido taceva sempre. Ginia si voltò di scatto al caminetto e senti che dicevano «Stupida».

Cosí l’indomani Ginia andò all’atelier sapendo che Amelia nuda era sola con Guido. In certi momenti le pareva di morire. Vedeva di continuo la faccia di Guido fissata su Amelia. Sperava soltanto che ci fosse Rodrigues.

Nel pomeriggio potè uscire per portare una fattura. Corse allo studio e ci trovò l’uscio di legno. Tese l’orecchio e non sentí nessuno. Allora ridiscese piú calma.

Alle sette li trovò tutti al caffè. Guido aveva la sua cravatta e faceva il bello, e Amelia ascoltava fumando. Le dissero «Siediti» come fosse una bambina. Parlavano dei tempi d’una volta, e Amelia raccontava dei suoi pittori.

— E tu che cosa ci racconti? — disse Rodrigues all’orecchio di Ginia.

Ginia senza voltarsi disse: — Stia buono.

Fecero poi insieme un pezzo dei portici, e chiese a Guido se potevano vedersi dopo cena. — C’è Rodrigues, — disse Guido. Allora Ginia lo guardò disperata. Combinarono di trovarsi fuori un momento.

Quella sera nevicava e fu Guido che propose di entrare al caffè a prendere il ponce. Lo presero al banco. Ginia, tutta infreddolita, gli domandò come faceva Amelia a posare con tanto freddo. — Il caminetto scalda, — disse Guido, — e poi lei è abituata.

— Io non resisterei, — disse Ginia.

— E chi ti chiede di resistere?

— Oh Guido, — disse Ginia, — perché mi tratti cosí? Dicevo perché Amelia è malata.

Allora uscirono, e Guido la teneva a braccetto. Avevano la neve in bocca, sugli occhi, dappertutto. — Senti, — le disse Guido, — lo so. E so anche che facevate delle cose. Non c’è niente di male. A tutte le ragazze piace darsi dei baci. Lascia vivere dunque.

— Ma è Rodrigues... — disse Ginia.

— No, è che siete tutte uguali. Se è per Rodrigues che vuoi posare, avanti, vieni domani. Io non ti chiedo cosa fai tutto il giorno.

— Ma io non voglio posare per Rodrigues.


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