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XV.
Le aprí Guido, ridendo, e una voce di ragazza chiese «Chi è?» dal fondo. Guido tese la mano e le disse di entrare.
Sotto la luce smorta, addosso alla tenda, una ragazza s’infilava l’impermeabile. Non aveva cappello, e la guardò dall’alto in basso come se fosse la padrona.
— È una collega, — disse Guido. — È solo Ginia.
L’altra andò alla finestra, mordendosi il labbro, a specchiarsi nel vetro nero. Camminava col passo di Amelia. Ginia guardava da lei a Guido.
— Dunque, Ginia, — disse Guido.
Finalmente la ragazza se ne andò, non senza squadrarla un’ultima volta dalla porta. Sbattè l’uscio e si sentirono i passi allontanarsi.
— È una modella, — disse Guido.
Quella notte restarono sul sofà a luce accesa, e Ginia non cercò piú di nascondersi. Avevano portato la stufa vicino alla sponda, ma faceva freddo lo stesso e, dopo un momento che Guido la guardava, Ginia doveva tornare sotto le coperte. Ma piú bello di tutto fu pensare, stretta con lui, che questo era proprio l’amore. Guido si alzò, nudo com’era, per prendere del vino e tornò saltellando dal freddo. Misero i bicchieri sulla stufetta, per scaldarli, e Guido venne che sapeva di vino, ma Ginia preferiva l’odore caldo della pelle. Guido aveva dei peli ricci sul petto, che solleticavano la guancia, e nei momenti che si scoprivano Ginia confrontava quel biondo col suo, e aveva vergogna e le piaceva nello stesso tempo. Disse all’orecchio di Guido che aveva paura a guardarlo, e Guido rispose che allora non guardasse.
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