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credibile. E si vedeva già per i viali, alla sera, sola e con gli occhi rossi, da casa al lavoro, dal lavoro a casa, nell’aria tiepida, come una ragazza di trent’anni. Il peggio era che il gusto di una volta a starsene quella mezz’ora sul letto al buio, non lo provava piú. Anche lavorando in cucina pensava allo studio, e le avanzava sempre tempo per guardare in aria.

S’accorse dopo, di aver trascorso in questo modo non piú di quindici giorni. Sperava sempre, uscendo dall’atelier, di trovare qualche novità sotto il portone, e che non ci fosse mai nessuno ad aspettarla le dava il senso di aver perduto la giornata, di essere già a domani, a doman l’altro, e di aspettare aspettare qualcosa che non veniva mai. «Non ho ancora diciassette anni, — pensava, — ho tanto tempo». Ma non capiva perché Amelia, che le era corsa dietro senza cappello, non si facesse piú vedere. Forse aveva solo avuto paura che lei parlasse.

Un pomeriggio la signora Bice venne a dirle che la chiamavano al telefono. — È una donna con la voce da uomo, — le disse. Era Amelia. — Senti, Ginia, racconta che Severino sta male e vieni da noi. C’è anche Guido. Ceniamo insieme. — E Severino? — Corri a casa a buttargli la pasta, poi vieni. Ti aspettiamo.

Ginia ubbidí e corse a casa e disse a Severino che cenava con Amelia; si aggiustò i capelli e uscí che pioveva. «Amelia ha proprio una voce da tisica, — pensava, — poveretta».

Era decisa, se non c’era Guido, di scapparsene. Trovò Amelia e Rodrigues che accendevano nell’ombra una stufa a petrolio. — E Guido? — chiese. Amelia si alzò passandosi la mano riversa sulla fronte, e indicò la tenda. Dalla tenda uscí la testa di Guido che le gridò «Ciao» e allora Ginia gli sorrise. La tavola era un disordine di piatti di carta e di provviste. In quel momento sul soffitto s’accese il riflesso circolare della stufa. — Accendete la luce, — gridò Guido. — No, è bello; restiamo cosí, — disse Amelia.

Caldo non faceva, e bisognava tenere il soprabito. Ginia andò al lavandino, scostando la tenda, e di là chiese forte: — Che festa è questa sera? — Se vuoi, la tua, — le disse Guido piano, asciugandosi le mani. — Perché non venivi piú?

— Sono venuta e lei non c’era, — bisbigliò Ginia.

— Dammi del tu, — disse Guido, — questa sera ci diamo tutti del tu.

— È stato consegnato? — disse Ginia.


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