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IX.
L’indomani a mezzogiorno Amelia le capitò in casa, ma siccome Severino era a tavola con lei, chiacchierarono soltanto del piú e del meno. Quando furono in strada Amelia le disse ch’era stata quel mattino da una pittrice che l’avrebbe fatta lavorare. Perché non veniva anche lei? Quella scema voleva fare un quadro di due donne abbracciate e cosí avrebbero posato insieme. — Perché non si copia lei dallo specchio? — rispose Ginia. — Vuoi che si metta nuda a dipingere? — disse Amelia ridendo.
Ginia rispose che non poteva uscire dall’atelier a piacimento.
— Ma quella ci paga, sai? — disse Amelia. — È un quadro che durerà molto. Se tu non vieni non prende neanche me.
— Non le basti tu sola?
— Devon essere due donne che fanno la lotta, capisci. Ce ne vogliono due. È un quadro grande. Basta che ci mettiamo come se ballassimo.
— Io non voglio posare, — disse Ginia.
— Di che cos’hai paura? È una donna anche lei.
— Non voglio.
Discussero fino al tram, e Amelia cominciò a chiederle che cosa si credeva di avere sotto i vestiti da conservare come il santissimo. Parlava rabbiosa, senza guardarla. Ginia non rispondeva. Ma quando Amelia le disse che per Barbetta lei Ginia avrebbe accettato di spogliarsi, le rise in faccia.
Si lasciarono cosí male che si capiva che Amelia non gliel’avrebbe perdonata. Ma Ginia che da principio alzò le spalle, un bel momento ebbe paura all’idea che Amelia l’avrebbe presa in giro con Guido e Rodrigues, e non era sicura che Guido fosse tanto
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