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Dopo cena, specialmente, fu bello. Amelia, che passò a prenderla a casa, era anche lei allegra, — perché quando è festa e la gente non fa niente, — diceva, — sono felice Andarono insieme a spasso, scherzando come due sceme. — Dove sei stata oggi? — chiese a Ginia camminando. — Niente di speciale, — disse Ginia, — andiamo a ballare in collina? — Non è piú estate, sai, c’è troppo fango — . Si trovarono, come d’incanto, nella via dello studio. — Non ci vengo lassú, — disse Ginia, — basta coi tuoi pittori. — E chi ti dice che ci andiamo? Questa sera siamo libere — . Arrivarono sul ponte e si fermarono a guardare la collana dei riflessi nell’acqua. — Ho veduto Barbetta e mi ha chiesto di te, — disse Amelia.
— Non è stufo di copiarti?
— L’ho veduto al caffè.
— Non me li dà i ritratti?
Ma mentre Amelia la guardava, Ginia pensava a tutt’altro.
— Che cosa facevate l’altr’anno quando andavi da Guido?
— Cosa vuoi che facessimo? Si rideva e si rompeva i bicchieri.
— Poi avete litigato?
— Oh bella. Un’estate lui è andato in campagna, ha chiuso tutto e chi s’è visto s’è visto.
— Come l’hai conosciuto?
— E chi se ne ricorda? Faccio o non faccio la modella?
Ma quella sera litigare era impossibile, e star ferme sull’acqua faceva freddo. Amelia aveva acceso la sigaretta e fumava appoggiata alla pietra del parapetto.
— Anche per strada fumi? — disse Ginia.
— Non è come al caffè? — rispose Amelia.
Ma in un caffè non andarono a sedersi, perché Amelia era già stufa di starci di giorno. Tornarono invece verso casa e si fermarono davanti al cinema. Era troppo tardi per entrarci. Mentre guardavano le fotografie, uscí Severino, tutto nero, con una faccia seccata. Severino salutò Amelia alzando il mento, poi tornò indietro e cominciò a discorrere con loro, e Ginia non l’aveva mai sentito cosí cavaliere. Disse perfino la sua sulla veletta di Amelia. Raccontò il film, per farle ridere, e Amelia rideva ma non come al caffè quando i camerieri le dicevano qualcosa: rideva a labbra aperte, mostrando i denti, come si fa tra ragazze e come da un pezzo non faceva piú. La sua voce era ben rauca: doveva essere il fumo, pensò Ginia. Severino le accompagnò fino al bar e pagò il
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