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geva di esser stanca e seccata, mentre, pensando alla voce di Guido, ascoltava Rodrigues dir le solite sciocchezze. Adesso capiva tante cose: perché Rodrigues parlando si piegava su Amelia, perché chiudeva gli occhi come un gatto, perché Amelia se la intendeva con lui. «Ha dei gusti da uomo, — pensava, — è peggio che Guido, Amelia». E le scappava da ridere, come si ride da soli.

Il giorno dopo ritornò allo studio. La mattina all’atelier la signora Bice aveva detto asciutta che potevano starsene a casa quel pomeriggio perché era festa. A casa aveva trovato Severino che si cambiava la camicia per l’adunata. Era una festa patriottica, c’erano fuori le bandiere, e Ginia gli aveva chiesto: — Chi sa se ai soldati dànno libera uscita. — Farebbero meglio a lasciarmi dormire, — disse Severino. Ma Ginia, felice, non aveva aspettato che passassero a prenderla né Amelia né Rosa, e se n’era scappata. Poi, sotto il portone dello studio, aveva rimpianto di non esser venuta con Amelia.

Si disse «Passo un momento a cercare Amelia», e salí adagio le scale. Non pensava veramente che Amelia ci fosse, perché a quell’ora la sapeva sotto i portici. Ma giunta davanti alla porta e fermandosi per respirare, sentí la voce di Rodrigues.


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