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Quando Amelia la chiamò a vedere il disegno, Ginia dovette chiuder gli occhi per abituarsi alla penombra. Poi si chinò adagio sul foglio e riconobbe il suo cappello, ma la faccia le parve di un’altra, una faccia addormentata, senza senso, con la bocca aperta come se parlasse dormendo. — È preoccupante, — diceva Barbetta, — davvero nessuno ti ha mai disegnata? — Le fece togliere il cappello, e le disse di sedersi e parlare con Amelia. Sedute, si guardarono con voglia di ridere, e quell’altro riempiva altri fogli. Amelia faceva dei gesti e le diceva di non pensare alla posa.

— Preoccupante, — disse ancora Barbetta, guardando di sbieco; — si direbbe che il profilo vergine è informe — . Ginia chiese ad Amelia se lei non posava e Amelia disse forte: — Oggi ha trovato te. Non ti molla di certo — . Giacché parlavano, Ginia le chiese se non si potevano vedere i suoi ritratti dei giorni passati. Allora Amelia si alzò e andò a prendere in fondo alla stanza una cartella. Gliel’aprí sulle ginocchia e disse: — Guarda.

Ginia voltò diversi fogli, e al quarto o al quinto era sudata. Non osava parlare perché si sentiva addosso gli occhi grigi di quell’uomo. Anche Amelia la guardava aspettando. Finalmente le disse: — Ti piacciono?

Ginia levò la faccia, cercando di sorridere. — Non ti conosco, — disse. Poi li fece passare, a uno a uno, tutti quanti. Quand’ebbe finito, era piú calma. Dopo tutto, Amelia le stava davanti vestita, e rideva.

Disse, come una stupida: — È lui che li ha fatti? — Amelia, che non capí, rispose forte: — Io no di certo.

Quando Barbetta ebbe finito, Ginia avrebbe voluto essere ancora abbagliata come prima, per chiudere gli occhi e aspettare. Ma Amelia gridò che venisse, e davanti al gran foglio anche Ginia fu meravigliata. C’erano tante teste sue, buttate a capriccio sul foglio, qualcuna per storto, qualche volta una smorfia che non aveva mai fatto, ma i capelli, le guance, le narici, erano veri, erano i suoi. Guardò Barbetta che rideva, e le parve impossibile che fossero quegli occhi grigi di prima.

Poi avrebbe pestato Amelia che cominciò a tirar stoccate e a insistere che un’ora era un’ora e che Ginia lavorava per vivere. Ribattè che era venuta con lei per caso e che non voleva rubarle il mestiere. Barbetta rideva tra i denti e disse che doveva uscire. — Venite, vi pago il gelato. Ma poi scappo.


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