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d’amore, qualche sposa viveva il suo tempo. Ma i giovani, no. Stefano sorprendeva anzi discorsi di scappate in città — non sempre di scapoli — e allusioni a qualche serva di campagna, bestia da lavoro tanto disprezzata che si poteva parlarne.

Specialmente all’imbrunire si sentiva quella povertà. Stefano usciva sull’angolo della sua casetta e si sedeva s’un mucchio di sassi, a guardare i passanti. La penombra s’animava di lumi, e qualche imposta si schiudeva alla frescura. La gente passava con un lieve fruscio e qualche susurro, talvolta in gruppi parlottanti. Qualche gruppo piú chiaro, piú isolato, era formato di ragazze. Non si spingevano molto lontano e subito riapparivano, rientrando in paese.

Di coppie non se ne vedevano. Se qualche gruppo s’incrociava, si sentivano asciutti saluti. Quel riserbo, del resto, piaceva a Stefano che dopo il tramonto non poteva allontanarsi dal domicilio e, piú che la gente, cercava la notte e la dimenticata solitudine dell’ombra. Tanto ne aveva dimenticato la dolcezza, che bastava un fiato di vento, il frinio di un grillo e un passo, l’ombra enorme del poggio contro il cielo pallido, per fargli piegare la gota sulla spalla, come se una mano lo carezzasse compiacente. La tenebra chiudendo l’orizzonte ampliava la sua libertà e ridava campo ai suoi pensieri.

A quell’ora era sempre solo, e solo passava la maggior parte del pomeriggio. All’osteria nel pomeriggio si giocava alle carte e Stefano, presavi parte, a poco a poco si faceva inquieto, e sentiva il bisogno d’uscire. Certe volte si recava alla spiaggia, ma quel bagno nudo e solitario nel mare verde dell’alta marea gl’incuteva sgomento e lo faceva rivestirsi in fretta nell’aria già fresca.

Usciva allora dal paese che gli pareva troppo piccolo. Le catapecchie, le rocce del poggio, le siepi carnose, ridiventavano una tana di gente sordida, di occhiate guardinghe, di sorrisi ostili. Si allontanava dal paese per lo stradale che usciva, in mezzo a qualche ulivo, sui campi che orlavano il mare. Si allontanava, intento, sperando che il tempo passasse, che qualcosa accadesse. Gli pareva che avrebbe camminato all’infinito, volto al piatto orizzonte marino. Dietro il poggio il paese spariva, e le montagne dell’interno sorgevano a chiudere il cielo.

Stefano non andava lontano. Lo stradale era un terrapieno rialzato, che metteva sott’occhio la triste spiaggia e le campagne vuote. Lontano alla svolta si scorgeva un po’ di verde, ma a mezza strada


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