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e tutto, il sole la collina e la stalla, era pieno di mosche che mettevano sonno, come i grilli di notte. Almeno star solo. Tanto adesso il coltello l’avevo dal manico e doveva venirmi a cercare Gisella.

Viene invece Nando con gli altri, e cominciano a cimentarmi. Allora chiedo: — Siete tutti figli di Adele? — La bambina piú piccola piangeva perché era rimasta indietro, e Nando le tira un torsolo e quella piange piú forte. Allora, dal portico di sopra, si sveglia Talino e bestemmia. Io mi alzo, giro intorno alla casa, e vado a stendermi sopra quei sacchi del pozzo nell’altro portico. Di lí vedevo la mammella e ci pensavo.

Pensavo a tante cose e che non erano tre giorni che ero arrivato. Perché poi mi lamentavo? Stavo sempre meglio che in prigione, e le belle ragazze si capisce che c’è già passato qualcuno; se no, non sarebbero loro.

A suo tempo venne Gisella, e camminava in punta di scarpe, come se fosse su un marciapiede. Mostrava di cercare qualcosa in un mucchio di corde e di ferri contro il pilastro, ma aspettava che io parlassi.

— Gisella, — le faccio. Lei si volta di colpo, come era il suo bello.

— ... Lo sai dove ho conosciuto tuo fratello?

Non se l’aspettava e restò ferma. Me la guardo bene. Io di quella ragazza non ne avevo ancora abbastanza: doveva venire con me.

— Vieni qui, Gisella — . E lei mi viene vicino e si lascia abbracciare le gambe.

— È vero che ce l’hai con Talino? — Volevo dirglielo in un momento che mi convenisse, ma tanto valeva. — Che cosa ti ha fatto?

Ecco che mi guardava già con gli occhi stretti, e non sentiva piú la mano.

— Se ti dico dove l’ho conosciuto, tu mi dici che cosa ti ha fatto?

Aveva già capito tutto. — Avevi detto alla stazione, — mi risponde piano. — Dove allora?

— Tu mi dici che cosa ti ha fatto.

— Niente, — dice, e si stacca.

Tante belle cose potevamo ancora fare, e per una stupidaggine perdiamo l’ultima occasione. Per una stupidaggine cosí.


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