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— Io vado presto con Miliota. Ti chiamo quando torno e siamo soli. Ma tu non vai a messa?
— Non ho tempo.
Intanto tuona, sempre piú forte, e cominciano a volare le foglie. Si spargono tutti per la cascina a chiudere gli scuri e mettere le cose al coperto. Talino resta sul trave nella luce della porta e io accendo l’ultima sigaretta e me lo guardo, ridendo.
— Dunque vogliono farti la pelle? — gli dico un bel momento mentre si asciugava la faccia.
Ma il vecchio chiama anche lui dalla stalla e gli dà del bastardo, e Talino grande e grosso si alza e va. Il brutto di quella campagna era qui, che la sera finiva appena cominciata, e con quei tuoni non c’era neanche da sperare una notte tranquilla. Meno male che mi ero stancato e le ossa mi facevano male, ma un giro al caffè mi sarebbe piaciuto e anche un colpo al biliardo. Altrimenti era come alle Nuove: s’accende la lampada e si va nella branda. Ma aspetta che conosca il paese, pensavo, e allora o mi date Gisella da portarla in campagna o fino al mattino non mi vedete piú, e in un caso o nell’altro non mi vedete lo stesso. E tu Talino, se hai paura, gràttati.
Poi salgo, deciso a dormire, nel nostro portico sopra la stalla e accendo un’altra sigaretta. Quando spunta la testa di Talino su dal buco della scala, ecco che fuori viene giú che Dio la manda.
Ma durò poco. Noi stavamo allo scuro a pigliarci gli spruzzi che volavano, e Talino guardava il lenzuolo dell’acqua, e non parlava.
— Dovresti esser contento, — gli faccio. — Con quest’acqua chi vuoi che giri di notte?
Poi l’aria si rinfresca che respirarla è un piacere, e si vedeva la campagna e tirava vento e si rompevano le nuvole. L’estate è cosí. In un momento ritornò il sereno e non c’era che luna e collina, fresche e lavate come sotto i lampioni. Queste sono le notti che Gisella fa il bagno, pensavo; che si toglie il sudore e si rinfresca la pelle. E guardavo Talino e la sua zucca, e non mi andava giú che, di poco, anche solo di poco, somigliasse a Gisella. Ma era già molto che non si somigliassero in gofferia.
— Talino, — gli dico, — tu sei grand’e grosso; possibile che Rico ti faccia paura? Non sarà mica un toro.
— Sicuro, — grida lui saltando in piedi. — Andiamo subito.
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