Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/154



Noi restiamo basiti, e appena il cane riprende fiato, quel grido si leva di nuovo e stavolta la voce era chiara e diceva:

— Talino le prende! Talino le prende!

— Da chi? — grida allora Talino alla strada, come un toro.

— Da Rico della Grangia, da Rico della Grangia! — Erano in diversi a gridare e non sembravano ubriachi; ma il vecchio Vinverra s’era alzato e diceva a Talino: — Siediti, goffo, hanno bevuto, siediti, adesso vanno a dormire — ; e l’Adele: — Lasciate che gridi, tanto non esce dal cortile — ; e i bambini erano corsi intorno alla vecchia sulla porta.

Chi piú nessuno lo teneva era il cane, che dall’aia faceva tremare la casa e, neanche allontanandosi gli altri, non si calmava. Quelli fecero il verso anche al cane, poi si capi che andavano a Monticello. — Stanotte ritornano sbronzi, — dico a Vinverra. Ma lui e Talino si erano già attaccati con Gisella e volevano sapere se era vero che aveva parlato con Rico e quando aveva fatto una cosa cosí. — Sei folle, — dicevano. — Sei la lingua del diavolo. Lo fai apposta.

E Gisella a ribattere che se Rico voleva, a quest’ora li aveva bruciati vivi tutti. Perché non aveva fatto niente, quando Talino era via? Invece, una volta era passato dalle canne e avevano proprio parlato e gliel’aveva detto che voleva pagare soltanto Talino, perché loro non gli avevano fatto niente e lui non era come Talino che faceva il male perché era una bestia.

— Mangiagrilli, — borbotta Talino.

Nando o un altro gli scappò da ridere.

— Hai capito. Talino, — gli dico, — sta’ attento, l’hanno proprio con te.

Quella sera Talino passò in cucina a bere un sorso, e piú beveva meno stava fermo e sudava sul collo come avesse preso la pioggia. Lascio che bevano lui e suo padre, e mi trovo sui passi di Gisella che andava a posare i tridenti nel portico. Quando mi passa vicino sto un momento a sentire l’odore che aveva, e lei mi poggia la faccia sulla spalla e le dico: — Va bene, Gisella? — Lei si sfrega come il gatto e ci diciamo che noi due stavamo bene, troppo bene, perché eravamo fatti apposta uno per l’altro.

— Vieni a messa, domani? — mi dice Gisella.

— Al mattino mi piace dormire. Se mi vieni tu a svegliare, magari.


150